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…tuta d’ora e piscinina

Le parole sono note, la melodia anche, l’autore, Giovanni D’Anzi, forse meno, ma nonostante gli 86 anni d’età Oh mia bela Madunina è ancora attuale, inno e orgoglio del milanes autoctono e un po’ anche di quello d’adozione, tanto attuale da risuonare solinga persino in questi giorni assurdi di flash mob terrazzati.

Assurta a simbolo di Milano, signora del Duomo che le è intitolato (Mariae Nascenti) è strano pensare a una Cattedrale senza di lei, eppure, per quasi quattrocento anni il Duomo si è presentato così, senza Madonnina, senza guglia maggiore e senza la maggior parte di quelle secondarie.
Bisogna aspettare la seconda metà del Settecento per vederle messe in opera, la prima su progetto dell’architetto capo della Fabbrica Francesco Croce, la seconda firmata dallo scultore Giuseppe Perego.

Perego immagina un’Assunta: le braccia allargate, lo sguardo al cielo verso il quale si sta dirigendo, il capo cinto di stelle. A stonare con l’iconografia è l’alabarda, parafulmine camuffato che conferisce alla scultura un’aura curiosa, quasi guerriera.
La Madonnina, come è affettuosamente chiamata, tanto piccola non è: misura 4,16 metri di altezza che sommati alla guglia fanno 108,5 metri, una cifra considerevole che per due secoli è rimasta incontrastata, battuta dai moderni grattacieli milanesi.
La realizzazione del piccolo colosso deve necessariamente fare i conti con le questioni del peso. Per ottenere una statua cava Perego fa realizzare un modello in legno sul quale vengono ribattute e modellate le lastre di rame, poi fissate tra loro e sostenute da una struttura in ferro. L’armatura originaria, indebolita dalla corrosione, è stata sostituita nel 1967 con una in acciaio inossidabile e ora è visibile al Museo del Duomo, insieme al modello ligneo della testa.

Non è quindi “tuta d’ora”, ma la credenza ha fornito lo spunto per un godibile giallo meneghino dal titolo Operazione Madonnina, giusto per rimanere in tema. La doratura è realizzata in foglia d’oro e periodicamente sottoposta a restauro e durante la seconda guerra mondiale è proprio il suo luccichio a destare preoccupazione: per evitare che i bagliori rivelino la posizione della Cattedrale in caso di bombardamento si decide di coprire la Madonnina con stracci rimossi solennemente solo nel 1945, al termine del conflitto.

In questi giorni, dal 18 al 22 marzo, la scultura più famosa della città si ammanta di ben altro drappo: il tricolore. Oggi si celebra la fine delle Cinque Giornate di Milano, l’insurrezione che nel 1848 mobilita i cittadini contro l’oppressione del governo austriaco. Le strade sono costellate di barricate per impedire la circolazione del nemico e in quelle ore di tensione la Madonnina diventa un importante segno civico per la popolazione: su ordine di Radetzky l’esercito austriaco si ritira in Castello e si asserraglia sulle mura, lasciando le terrazze del Duomo dalle quali teneva sotto assedio la piazza. Viene issato il tricolore accanto alla Madonnina riconquistata, segno di speranza per gli insorti: il 22 marzo la vittoria a Porta Tosa è loro e Milano si gode la sua provvisoria libertà.

Anche oggi la bandiera sventola, lo si vede dalle web cam e la signora dorata resta, sola e silenziosa, a dominare Piazza del Duomo.